Underworld

Nicole (Nicola Cowper), prostituta di classe, viene rapita da una coppia di strane creature deformi. Roy Bain (Larry Lamb), benché riluttante, accetta l'incarico di ritrovarla propostogli da Hugo Motherskille (Steven Berkoff), ex gangster ora ripulito per il quale Roy lavorava. Roy va nella “casa” dove Nicole intratteneva e la cui tenutaria è Pepperdine (Ingrid Pitt), ma trova un ambiente reticente che lo mette in sospetto. Un indizio lo conduce al dottor Savary (Denholm Elliott), che si rivela poco collaborativo e ha chiaramente qualcosa da nascondere. Intanto, nei sotterranei della città gli esseri mostruosi sono in ansia per una droga dalla quale dipendono e nel frattempo continuano a colpire. Diretto con rara sciatteria da George Pavlou, è un vero disastro sotto tutti gli aspetti. Larry Lamb fa la figura del pesce lesso mentre cerca di interpretare un tipo figo. Persino Denholm Elliott non riesce a riscattare il suo personaggio dalla banalità. Nicola Cowper è carina, ma ha un look orribilmente anni '80. L'incrocio tra gangster movie all'inglese e horror mutazionale è indigesto e produce una devastante noia, letargico nel ritmo e negli effetti. Si capisce perché Clive Barker – visto questo e l'altro film “pavloviano” (#Vedi#Rawhead Rex) – abbia deciso di dirigere le proprie storie da sé. Resta il dubbio sugli esiti che avrebbe avuto questa sceneggiatura – oggettivamente carente – nelle mani di un regista più capace. L'idea della droga che produce dipendenza e mutazioni fisiche ha del potenziale, ma non lo mostra. Effetti speciali da carnevale. Finale involontariamente comico