Nosferatu a Venezia

Il professor Paris Catalano (Christopher Plummer) è chiamato a Venezia dalla principessa Helietta Canins (Barbara De Rossi) perché questa teme che Nosferatu (Klaus Kinski), scomparso misteriosamente a Venezia due secoli prima, stia per tornare. In realtà, il ritorno di Nosferatu è determinato proprio da una seduta spiritica che Helietta, Catalano e altri inscenano nel palazzo. Una volta riapparso, Nosferatu conquista subito Helietta, con grande preoccupazione del suo amante, il dottor Barneval (Yorgo Voyagis). L'unico modo per uccidere il vampiro, spiega Catalano, a parte il mercurio, è – in netto contrasto con quanto sostenuto da Paul Morrissey in #Vedi#Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete – l'amo re consenziente di una vergine: possedendola, Dracula morirà. Bisognerebbe trovarne una e convincerla. Film sconclusionato e torpido che procede a strappi e strattoni come se mancassero dei pezzi, mettendo in scena una vicenda consunta che cerca di aggiornare con qualche tocco insolito. Ambientato con cura in una Venezia malinconica e decadente (non che sia una novità, ma è sempre d'effetto), è ricco di immagini ricercate e suggestive e di movimenti di macchina che accarezzano la scena, ma senza il supporto di uno svolgimento che le giustifichi anche queste ricercatezze risultano vuote e “leccate”. La cosa più interessante è il funereo assemblaggio di personaggi perdenti, dal simil Van Helsing di Christopher Plummer che fallisce miseramente la sua missione e si suicida, al prete inconcludente di Donald Pleasence che sa solo rimpinzarsi di dolci e inveire contro gli altri. Lo stesso Kinski fa un Nosferatu vecchio e stanco, anche se ancora magnetico. Proprio Kinski è comunque la cosa migliore del film, iniziato da Mario Caiano e poi da questi abbandonato in seguito a scontri con il bizzoso attore