La Meteora infernale

Una meteora precipita nel deserto americano, vicino a una cittadina. In seguito all'azione dell'acqua, i suoi frammenti si rigenerano e moltiplicano, cominciando a dirigersi minacciosamente verso l'abitato, uccidendo chiunque si trovi sul tragitto. Il compito di fermare un simile mostro è lasciato praticamente allo spirito d'iniziativa di un geologo locale (Grant Williams) che gode dell'aiuto di figure carismatiche e prototipiche della provincia americana: lo sceriffo, il giornalista, la fidanzata (una Lola Albright al di sopra della media delle belle in film di questo tipo e di questa epoca), con il supporto esterno di uno scienziato, professore del nostro eroe ai tempi dell'università. L'idea di un mostro praticamente inorganico, con cui non si può stabilire alcun tipo di scontro o confronto, è interessante, e viene sfruttata in modo adeguato per creare una minaccia totale e imperscrutabile, diversa dai mostri umanoidi o proteiformi così frequentemente comparsi sugli schermi. Simile alla basilare “psicologia” del fluido di #Vedi#Fluido mortale, per la sua onnivora voracità, la meteora infernale (o, meglio, i monoliti mostruosi del titolo originale) uccidono per procurarsi le sostanze utili alla loro rigenerazione e moltiplicazione, senza malevolenza e senza mire che non siano quelle delle propria sopravvivenza (lasciando dietro di sé cadaveri pietrificati perché privati della sostanza che rende elastica la pelle, ci viene spiegato in modo pseudoscientifico nel film). Su tutto, il deserto minaccioso e silente di Jack Arnold, la cui partecipazione a vario titolo a questo film, più volte sottolineata, appare evidente dalla natura stessa di quanto appare sullo schermo