Il Sangue di Dracula

Da piccola, cercando il suo cagnolino, Akiko era finita nel cortile di una vecchia casa dove aveva visto un essere mostruoso con la bocca insanguinata. Akiko (Midori Fujita) è diventata insegnante d'arte e pittrice, ma i suoi quadri sono ancora influenzati da quella visione da incubo. Vive in una casetta sulla riva del lago Fujimi assieme alla sorella Natsuko (Sanae Emi). Assiste alla consegna di una grossa cassa contenente una bara. In attesa che vengano a ritirarla i destinatari, la cassa guardata da un custode, che diventa la prima vittima del vampiro (Mori Kishida) che era nella bara. Akiko riconosce l'essere mostruoso della sua infanzia, il vampiro tornato nell'antica dimora. Presto Natsuko comincia a comportarsi in modo strano e Akiko sente che una minaccia soprannaturale sta stringendosi su di lei. Secondo film (dopo #Vedi#Legacy of Dracula) della cosiddetta Bloodthirsty Trilogy, diversamente dal precedente abbraccia la visione occidentale – e segnatamente hammeriana – del mito del vampiro, pur non abbandonando suggestioni locali. Mori Kishida è un vampiro alla Christopher Lee, ieratico e dotato di canini, anche se sicuramente più sinistro che sensuale. Interessante è l'effetto liberatorio del vampirismo sulla sorella Natsuko, provocando l'eruzione violenta di sentimenti di rivalsa e di invidia nei confronti della sorella perfettina. Ancor più interessante è l'accento posto sulla pittura della protagonista come espressione della sua morbosa inquietudine. Michio Yamamoto si conferma regista stilisticamente ricercato, anche se in parte derivativo, capace di ricavare da un sapiente uso di atmosfere e colore sequenze genuinamente macabre. Il risvolto finale è efficacemente melodrammatico. Il terzo film della trilogia è #Vedi#Evil of Dracula. Lo pseudonimo dato al regista dalla distribuzione italiana era addirittura Stuart Rosenberg