Il Cairo, oggi. Hebba è la bella e spigliata conduttrice di un talk show di successo e la moglie di Karin, vicedirettore di un quotidiano statale, in lizza per la promozione alla massima carica. Alcuni alti esponenti del partito persuadono Karim a convincere la moglie ad abbandonare le istanze politiche e a limitarsi ad occuparsi di costume e società, pena la nomina stessa. Per tutta risposta, Hebba inaugura una serie di puntate sulle donne vittime di soprusi famigliari, religiosi e politici, cercandole per la strada e invitandole a fare come Shehrazade e a raccontare le loro storie per non morire. Il film di Yousry Nasrallah è un prodotto dallo stile curioso, dal contenuto importante e dalla fortuna già comprovata, al botteghino dei paesi arabi. Meccanico, procede incastonando i racconti dei personaggi all'interno della cornice gestita dalla protagonista, in una mise-en-abîme che silenziosamente conferma l'esistenza di una voragine, un abisso di storie analoghe possibili. Non è lo spauracchio dello schematismo a fermare Nasrallah, al contrario: novello Boccaccio, mette da parte precedenti aspirazioni alla complessità e si affida alla scrittura di uno sceneggiatore di mestiere e di mercato per investire in passione. Appassionate, ognuna a loro modo, e consapevoli, desideranti: così sono le donne che il regista porta letteralmente alla ribalta, trasformando lo studio televisivo di Hebba nella metafora del panorama cinematografico egiziano, che le ha a lungo e colpevolmente sottovalutate, impiegate in ruoli innocui e stereotipati, commettendo un peccato tanto ideologico quanto artistico. Questo il messaggio dell'autore, che scommette sulle donne stesse le attrici- per bilanciare ad ogni scena il peso ingombrante di un racconto a tesi con la forza della loro interpretazione, la verità della loro voce, la novità dei loro corpi. Come Sheherazade, chiamata ad intrattenere per non soccombere al capriccio assassino di un uomo tradito e costretta ad evitare il finale delle sue storie, Nasrallah non lesina concessioni allo spettacolo, al melodramma, persino ad un gusto artificioso ed eccessivo: quel che importa è che il racconto incida, perché un giorno possa trovare la soluzione continuamente rimandata.