Il barone Zorn (Robert Hardy) tiene segregati e separati i suoi due figli, Elizabeth ed Emil (Gillian Hills e Shane Briant), spinti l'una verso l'altro da un tenace legame incestuoso. In realtà, il barone stesso è all'origine delle turbe dei suoi rampolli, divenuti un po' strani dopo la morte della madre. Falkenberg (Patrick Magee), uno psichiatra ante litteram (la storia è ambientata nell'800), le cui teorie l'hanno fatto radiare dall'ordine dei medici, cerca di rimettere le cose a posto e di curare la mente dei ragazzi, ma è osteggiato da un altro giovane medico che, innamorato di Elizabeth, non ritiene che sia possibile curare la mente. Film singolare che testimonia lo sconcerto della Hammer dell'epoca e il suo dibattersi in varie direzioni nel tentativo di rinnovare i propri schemi e ritrovare la sintonia con il pubblico che la stava abbandonando. Qui il tentativo è piuttosto incongruo, ma ha buoni momenti di originalità, rielaborando una classica trama da psycho-thriller in un ambiente gotico-romantico tipico dei film Hammer in costume. Mancano il ritmo e una trama valida a sorreggere la forza inventiva di Sykes, ma il film è a tratti efficace, soprattutto quando rappresenta il bizzarro professore psicanalista, ciarlatano nella considerazione di tutti, interpretato con la solita carica ambigua e deliziosamente sottile da Patrick Magee. Purtroppo sono molti i momenti di mera routine derivati dalla memoria collettiva hammeriana, con i soliti villici armati di torce all'assalto del castello del barone dove, a detta di un sedicente predicatore, alberga il Male. Curiosa la presenza dell'ex cantante dei Manfred Mann, Paul Jones, nei panni dell'eroe di turno