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Presa una mezza dozzina di Racconti romani (1954) di A. Moravia, li hanno cuciti insieme attraverso le sollazzevoli e poco edificanti imprese di quattro giovanotti sfaticati. A una ingegneria narrativa indubbiamente efficace corrisponde il trionfo del becerismo romanesco, del bozzettismo più sbracato, del meridionalismo più smaccato. Oltre a un impareggiabile Totò, da notare la prova del bassetto Giancarlo Costa: qualcosa di più di una macchietta. Qua e là la tematica moraviana affiora. I personaggi positivi sono tutti femminili: fidanzate, mogli, sorelle.