Passion

Un regista polacco (J. Radziwilowicz, il protagonista di L'uomo di marmo) deve fare in Svizzera – col sistema dei quadri viventi – una serie di telefilm sulla pittura dei grandi maestri (Rembrandt, Goya, Delacroix). Da questo tronco partono 3 rami: la lavorazione del film col regista in crisi; i burrascosi rapporti della proprietaria tedesca (Schygulla) del motel dove alloggia la troupe col marito (Piccoli), proprietario di una fabbrica; uno sciopero nella fabbrica, guidato da un'operaia balbuziente e cattolica (Huppert). C'è un “dentro” (il set) e un “fuori” (la vita) nel film. Fuori è una grande confusione. Nel proseguire sulla strada dell'antiromanzo e della postavanguardia Godard mescola temi pubblici e privati, musiche nobili (Mozart, Dvo?ák, Beethoven, Fauré) e immagini fulgide con la luce di Raoul Coutard, aforismi e barzellette, intelligenza beffarda e chiacchiera masturbatoria. Legittimo è il sospetto che continui a mimetizzare col talento una nuova retorica del vuoto. Film ad alto costo, scarso successo.