Prodotto da Alberto Grimaldi (PEA), sceneggiato dal regista con Giorgio Arlorio e Berto Pelosso da un racconto del libro Giramare dello stesso Quilici, chiude la trilogia sull'Oceania dopo L'ultimo paradiso (1957) e Ti-Koyo e il suo pescecane (1961). Raccontata al ferrarese Quilici nel 1961 da un pescatore polinesiano, è una storia dove si mescolano verità, leggenda, cronaca, immaginazione in un passato o presente? indefinito. Tanai, giovane pescatore delle Tuamatù, isole coralline del Pacifico orientale, si mette in viaggio su una piroga a bilanciere per cercare nelle isole alte due sacchi di terra dove piantare una talea di urù, l'albero del pane. Nella sua traversata incontra mantas gigantesche, nubi di uccelli migratori, testuggini amiche, ma anche esseri umani: un barone olandese, naufrago e volontario Diogene fuggito dalla civiltà occidentale; le genti di Papua delle Trobriand; gli ultimi animisti del Pacifico che credono nel dio Atuna. To matou fenua te nei te moana, la nostra terra è l'oceano, dicono i pescatori delle Tuamutù. Sequenze notevoli: i delfini che saltano fuori a tempo secondo il battito ritmato dei sassi; il rapporto uomo/vulcano nelle Trobriand; la lotta con lo squalo del pescatore che cerca di soffocarlo con un sacco. Fotografia (Techniscope) subacquea: Masino Manunza, Quilici. Musica: Ennio Morricone.