Nel giro di tre giorni quattro personaggi un regista TV un po' cialtrone, la sua compagna e irrequieta succuba; un giovane lavoratore-studente loro amico, un insegnante cinquantenne che non riesce ad accettare la propria omosessualità mettono la vita in gioco. Diviso in un preludio e tre movimenti, è un film sulla morte, sul cinema (il suo versante più caduco), sull'omosessualità e soprattutto sull'impegno politico e sulla crisi della sinistra dopo il '68. Pur con qualche scarto retorico, è un film onesto, sensibile, girato benissimo da un regista che ama i suoi personaggi e sa comunicare. 3° film di finzione di Mingozzi, fu presentato nel 1973 come La vita in gioco alla Quinzaine di Cannes e uscì poi a Parigi. In Italia trovò una debole distribuzione nella stagione 1976-77.