Film in 5 episodi, tratti da 6 racconti di Giuseppe Marotta, raccolti nel libro omonimo (1947): Il guappo (Totò, Gennaro, Carell, da Trent'anni, diconsi trenta); Pizze a credito (Loren, Furia, Stoppa, Rondinella, da Gente nel vicolo e La morte a Napoli); I giocatori (De Sica, Bilancioni, dal racconto omonimo); Teresa (Mangano, Crisa, Maestri, da Personaggi in busta chiusa); Il professore (De Filippo, Pica, Crosio, da Don Ersilio Miccio vendeva saggezza). Dall'edizione commerciale fu eliminato Il funeralino, elegiaco e bellissimo. Difficile fare una graduatoria in un film di insolita omogeneità, tematica e stilistica, se non basandosi sui gusti personali. I suoi limiti sono, in fondo, quelli di Marotta di cui, comunque, si accentua la vena umoristica più di quella malinconica, l'allegria più che la tristezza. L'oro di Napoli è la pazienza, la possibilità di rialzarsi dopo ogni caduta; una remota, ereditaria, intelligente, superiore pazienza. È il suo tema conduttore. Non è un film neorealista. Di maniera nel suo bozzettismo? Troppo teatrale e calligrafico? Forse, ma riscattato dalla sagace direzione desichiana degli attori e dallo stesso teatralismo del popolo dei bassi napoletani. Lo si vede soprattutto in Teresa dove Marotta guadagna in intensità quel che perde in colore e nella coralità di Il professore. Scritto da C. Zavattini, Marotta e De Sica. Fotografia: Carlo Montuori. Scene: Gastone Medin. Musica: Alessandro Cicognini. 2 nastri d'argento: Mangano e Stoppa (non protagonista).