L'Invasione degli Ultracorpi

Il dottor Miles Bennell (Kevin McCarthy) torna nella cittadina dove è medico condotto e si accorge di un fenomeno particolare: diverse persone sembrano soffrire di una sindrome paranoica che li porta a credere che parenti o amici non siano più loro, ma degli impostori. Miles è scettico: gli apparenti “sostituti” gli sembrano essere perfettamente normali e si comportano e parlano come gli “originali”. Presto però si rende conto che c'è qualcosa di vero nei racconti che gli sono stati fatti e cercando di capire cosa ci sia sotto arriva a scoprire una terribile verità che proviene dallo spazio. Da un romanzo di Jack Finney, è un assoluto capolavoro e il film definitivo sulla paranoia indotta dal modo di vivere nella società capitalista. Don Siegel, uno dei grandi maestri del cinema d'azione, raggiunge vertici notevoli di essenzialità narrativa riuscendo a raccontare con tempi perfetti e senza trascurare nulla un'impietosa parabola sul disagio del vivere moderno. Sicuramente è un film figlio dei suoi tempi e della paura del comunismo (o del maccartismo, secondo un'altra interpretazione), ma il suo messaggio è così forte e lucido da acquisire un significato universale contro la massificazione che può benissimo applicarsi a epoche e situazioni diverse, compresa la nostra, dove la globalizzazione e l'esasperazione del produttivismo e del consumismo portano alla spersonalizzazione e al conformismo. Teso, avvincente e convincente, interpretato da attori di secondo piano ma estremamente efficaci con in testa Kevin McCarthy (1914) nel ruolo della sua vita, è un film che non lascia tregua, con una progressione inesorabile e allucinata. Imperdibile. In una comparsata si vede anche il futuro regista Sam Peckinpah. Rifatto due volte: da Philip Kaufman (#Vedi#Terrore dalo spazio profondo) e da Abel Ferrara (#Vedi#Ultracorpi)