La Mano che nutre la morte

Una coppia di sposi in luna di miele ha un incidente con la carrozza e viene soccorsa dal dottor Nijinski (Klaus Kinski) che assieme al suo servo zoppo li accoglie nella sua villa. La cortesia del dottore è un po' pelosa, perché in effetti lui sta continuando gli studi di suo genero, il defunto barone Ivan Rassimov (il nome è un curioso omaggio al noto attore protagonista di decine di thriller e horror del periodo). Gli studi di Nijinski mirano alla rigenerazione, mediante trapianto, dei tessuti epiteliali della moglie Tania, sfigurata nell'incendio che ha ucciso Rassimov. Nella villa c'è anche Katiuscia, che finge di fare ricerche per un libro, ma in realtà cerca le prove della scomparsa della sorella. La aiuta il fidanzato Fjodor che, in contatto con l'ispettore del villaggio, cerca elementi concreti per vincere la riluttanza del poliziotto ad agire contro la potente famiglia Rassimov-Nijinski. Sottoprodotto dell'horror chirurgico che ha il suo capostipite (e capolavoro) ne #Vedi#Gli occhi senza volto, questo film non si discosta dagli stilemi del genere, ma è arricchito dalla presenza di Klaus Kinski che offre un intenso ritratto del medico desideroso di far tornare a piena vita la moglie. Pur girato in estrema povertà (il laboratorio è quasi ascetico, con solo qualche ampolla di liquido rosso gorgogliante), si lascia vedere con qualche interesse chiudendosi con una carneficina che non lascia nulla all'imprevedibilità. Belle le musiche di Stefano Liberati e Elio Maestosi. Il contenuto erotico è relativamente elevato e il gore nelle operazioni richiama da vicino quello del successivo #Vedi#I violentatori dela notte di Franco. Film “gemello” è #Vedi#Le amanti del mostro, girato da Garrone con lo stesso cast