Il professor Marcus Montserrat (Boris Karloff), al culmine di una lunga sperimentazione, crea una rivoluzionaria macchina che gli consente di prendere possesso della mente di altre persone. In questo modo, Marcus è in grado di far fare alle sue vittime ciò che vuole e di vivere le loro sensazioni. La moglie Estelle (Catherine Lacey) non condivide gli scopi puramente conoscitivi del marito: è vecchia, ansiosa di rivivere antiche sensazioni e spinta da un'ebbrezza di potere. Perciò, preso possesso di Mike, un giovane capitato per caso tra le mani della coppia (Ian Ogilvy), Estelle spadroneggia sul marito e fa compiere al ragazzo atroci delitti per riviverne le emozioni. Seconda regia di Michael Reeves, è il film che per primo mette in luce l'inconsueto genio di questo giovanissimo regista (appena 24 anni all'epoca di questo film). Benché si notino ancora delle incertezze e la zavorra fantascientifica sia un po' pesante, soprattutto agli occhi di oggi, il film è una toccante e riuscita metafora sul desiderio che non invecchia e che si ripresenta prorompente e anzi ancora più selvaggio non appena le possibilità lo consentono. Girato con pochi mezzi, ma con grande intuito e bravura da Reeves (che avrebbe diretto solo un altro film, #Vedi#Il grande inquisitore), è interpretato con dolente saggezza da un grande Boris Karloff e con partecipazione da Ian Ogilvy, amico personale di Reeves. Anche Catherine Lacey (1904-1979) risplende nei panni della vecchia che rivuole le sue antiche emozioni