Leggenda urbana vuole che talune famiglie americane avessero la mania di gettare nello scarico del wc, quando iniziavano a essere ingombranti, gli alligatori cuccioli comperati per il diletto dei figli e vuole anche che alcuni di questi sopravvivessero e crescessero benissimo nelle fogne cittadine, ricche di piccoli animali. Il film racconta la storia di uno di questi piccoli alligatori, che, divenuto enorme e cattivo (per aver mangiato i cadaveri di cavie di laboratorio oggetto di esperimenti ormonali), torna in superficie alla ricerca di prede più soddisfacenti. Piccolo horror diretto con abilità e humour da Lewis Teague, di scuola cormaniana, ma soprattutto scritto con brio e intelligenza dall'eclettico e spesso geniale John Sayles, poi regista in proprio di parecchi film interessanti (Lianna, Stela solitaria e così via). Ritmo incalzante, oscuri psicologismi e vivacità narrative inconsuete lo distinguono da film similari e ne rendono la visione molto piacevole. Robert Forster è, come sempre, interessante nel ruolo del detective che cerca di fermare il mostro, ma il cast è ricco anche nelle figure di contorno: ci sono Henry Silva, Dean Jagger e, in un cameo, la Lolita di Kubrick, Sue Lyon. Il seguito è Aligator I: The Mutation (1991) di Jon Hess, inedito in Italia