Sette note in nero

Inghilterra, 1959. Una donna si getta da una scogliera, mentre a Firenze la figlioletta Virginia ha una visione dell'accaduto e scoppia a piangere. Diciott'anni dopo, Virginia (Jennifer O'Neill) accompagna all'aeroporto il marito Francesco (Gianni Garko) e tornando a casa in auto ha delle strane e inquietanti visioni sull'omicidio di una donna da parte di un individuo che zoppica e che poi la mura. Un parapsicologo, Luca Fattori (Marc Porel), la segue per quelle visioni, ma senza darle molto credito. In seguito, nella villa disabitata della famiglia del marito, Virginia ha visioni sempre più precise e abbatte una parete dietro la quale si trova uno scheletro. Gli esami datano la morte tra gennaio e giugno di cinque anni prima. Virginia però è perplessa: quasi tutto corrisponde con la sua visione, ma non interamente: cerca quindi di saperne di più, anche perché si scopre che la vittima aveva una relazione con Francesco, il quale viene arrestato. Uno dei migliori film di Fulci. Alle prese con una storia ingegnosa e ben congegnata, il regista dimostra finezza e una notevole capacità di orchestrare il mistero e sostenere la suspense senza ricorrere a facili scorciatoie. L'elemento fantastico-parapsicologico, abbastanza in auge in quegli anni, viene usato con acutezza per strutturare un complesso enigma che gioca con il passato e il futuro in modo lucido e preciso, ancorché giustamente spiazzante. Anche il colpo di scena finale è vincente. Gusto e misura sono qualità raramente riconosciute al Fulci degli horror, eppure questo film dimostra – se ce ne fosse bisogno – che erano nelle sue corde. Jennifer O'Neill, elegante e intensa, guida un cast interessante che comprende Marc Porel, un po' svagato, il sempre preciso Gabriele Ferzetti, Gianni Garko, Evelyn Stewart, Giacomo Furia e anche Jenny Tamburi, nel ruolo della spigliata assistente di Porel