La Camera della tortura

La Camera della tortura

22,00€
Non disponibile

Etichetta: Eagle
Codice articolo: vhos0252
Categoria: VHS » Film Horror
Caratteristiche
Anno: 1970
Regista/Autore: A. Milligan
Tipologia: Ex Noleggio
Trama

Nell'Inghilterra medioevale, Norman, duca di Norwich (Jeremy Brooks), sta complottando per eliminare i pretendenti alla corona e diventare re. Tra lui e il regno ci sono Alfred (Hal Borske), lady Agatha (Donna Whitfield) e lady Jane (Patricia Dillon). Norman sceglie Heather (Susan Cassidy) quale moglie per il demente Alfred, ma Heather è innamorata di un altro, William. Così gli aguzzini di Norman catturano, torturano e uccidono William. Heather deve andare a corte dove Norman ha dei piani orrendi per tutti. Mitico melodrammone horror in costume girato con poche migliaia di dollari dall'altrettanto mitico Andy Milligan, il re del no-budget, che come al solito fa spavaldamente passare Staten Island per l'Inghilterra dell'epoca elisabettiana. I suoi sono film che meritano rispetto sia per la figura umana del loro autore, sia per il terribile sfruttamento a cui sono sempre stati sottoposti, sia soprattutto per i ridottissimi mezzi con cui sono stati realizzati. Però non è che siano bei film, anzi sono anche un po' duri da guardare perché decisamente noiosi. È bello sapere che esistono, comunque, e che nel loro insieme formano un monumento alla memoria di un autore che aveva di certo delle qualità e le avrebbe potute esprimere meglio se avesse potuto girare il genere di film preferito (tipo Vapors, il suo film d'esordio nel '63, un celebrato film sperimentale sulla vita di un gruppo di omosessuali). Tra gli attori, Hal Borske, fido compagno di avventure di Milligan. #Vedi# Belvaux, André Bonzel, Benoît Poelvoorde con Benoît Poelvoorde, Jacqueline Poelvoorde-Pappaert, Jenny Drye, Hector Pappaert. 95' B/N Che cosa succederebbe se un serial killer accettasse di essere filmato da una troupe per un documentario sulla sua vita e sulle sue gesta? Questo film ce lo racconta in un modo molto originale, facendo la parodia di un documentario in stile cinéma verité, mescolando la quotidianità dell'orrore con quella delle deliranti esposizioni ideologiche di Ben (Benoît Poelvoorde), il serial killer, che sotto certi aspetti non sono molto lontane dai discorsi qualunque che chiunque di noi può aver sentito dire dalla gente “normale”. Proprio questo, inizialmente, è uno degli aspetti interessanti del film: Ben, per quanto sopra le righe, si comporta come le persone che abbiamo conosciuto, viste nei bar o in treno, cordialoni che fanno capannello esponendo grandi banalità. Gli omicidi si susseguono con crudele ovvietà, alternati a illuminazioni didattiche che sembrano far parte di un piccolo corso per serial killer. L'atteggiamento della troupe cinematografica (filma in pellicola, non in video come un'altra troupe che segue un altro criminale e viene fatta fuori assieme a lui) è una fedele riproduzione di quello dei media: osserva, affianca, si indigna, soffre qualche fugace momento di difficoltà morale, favorisce, supporta, non molla mai la presa. Man mano che il film procede, diventa più complice e, come i veri media, sembra spingere Ben a imprese sempre più efferate. Nel procedere, un componente la troupe viene ucciso ed è davvero azzeccato il discorso di commiato, da coccodrillo, del regista che ricorda molto quello che abbiamo sentito fare molte volte in circostanze analoghe da veri giornalisti, televisivi e no. Dopo una prima ora pressoché perfetta, il film va su di giri e cerca sempre maggiori efferatezze, oltre a tentare di dare un senso compiuto all'insieme mediante una conclusione con qualcosa che vuole assomigliare a uno sviluppo narrativo, dove prima predominava un accumulo di fatti, senza progressione nel racconto. Ciò indebolisce in parte il film che resta però un'opera originale, riuscita e interessante. È frutto di una grande idea e ha la forza di sostenerla. È tutto quello che #Vedi#The Blair Witch Project avrebbe dovuto essere. Ottima prova di tre giovani autori, uno dei quali fa anche il protagonista esprimendo carica e personalità formidabili. Dei tre, solo Benoît Poelvoorde è riuscito a dare un seguito di rilievo alla sua carriera, soprattutto come attore. Rémy Belvaux è morto suicida il 4 settembre 2006 a soli 39 anni

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