After death

In una isoletta tropicale, uno stregone nero lancia una maledizione voodoo che fa tornare in vita i morti perché uccidano tutti, soprattutto una comunità di scienziati bianchi andati lì per sperimentare una medicina utile a “bloccare il processo degenerativo delle cellule” e rei di non aver salvato la figlia dello stregone. Gli scienziati fanno notare che era malata di cancro, ma non c'è verso: la maledizione è lanciata e i morti viventi fanno fuori tutti, tranne una bambina. Vent'anni dopo un trio di giovani studiosi va sull'isola per scoprire che cos'è successo. Sono costrette a sbarcare, per misteriosa avaria del motoscafo, anche alcune persone tra cui Jenny (Cristina Caporilli), che ha la sensazione d'esserci già stata e di essere caduta in una trappola: in effetti, lei, anche se lì per lì non lo ricorda, è la bambina scampata al massacro e, come tale, è fornita di apposito amuleto, datole dalla mamma, che potrebbe fermare i morti viventi se collocato all'interno di un cerchio di candele accese. Per un motivo o per l'altro non le riesce mai di farlo, e così gli zombi sono liberi di impazzare. Lunghe fughe nella giungla, passeggiatone in grotte sotterranee al suono di una ossessiva musica elettronica, trama ridotta ai minimi termini: il film non ha molto da offrire, l'azione cerca di essere concitata, ma è solo disordinata. Gli zombie sono dinamici, quelli morti da poco parlano pure e sparano: quanto meno è un cambiamento rispetto alla media dei film zombeschi italiani, di cui questo è un tardissimo epigono. Girato nelle Filippine, è un film poverissimo, lento, poco avvincente, la cui modestia ispira simpatia quale esempio di cinema fatto a tutti i costi. Gran finale zombesco al grido di “Fatevi sotto, carcasse putrefatte!” e “Vi ammazzerò tutti, maledetti mostri bastardi!”